domenica 14 giugno 2009

14 giugno 09

Il contenuto dell’esperienza è la realtà. Un uomo è innamorato della tal ragazza: questo è un fatto, è un fenomeno. Il poeta va in giro con le mani in tasca e giunge a questo fatto. Questo fatto entra sotto il giro d’orizzonte dei suoi occhi, cioè entra dentro l’ambito del suo conoscere. Siccome è un fenomeno reale, diventa oggetto di conoscenza. Questo è l’inizio del fenomeno, ma non è tutto. Di fronte a questo oggetto di conoscenza, gli occhi del poeta si incendiano di curiosità, di simpatia, di approvazione, perché nel fenomeno vede qualcosa che garberebbe avere anche a lui, mentre essendo piccolo poeta quindicenne non l’ha ancora così. Prova una nostalgia: prova, cioè reagisce con un senso di invidia e con un desiderio di avere anche lui quel fenomeno». Qui dovrei fermarmi e domandarvi: questo è esperienza? È questa la corrispondenza? Scommetto che la stragrande maggioranza risponderebbe di sì: provo una nostalgia, provo questa curiosità, provo questa simpatia, dunque mi corri€sponde. E questa è la giustificazione; uno può andare dietro a qualsiasi cosa, e poi giustificare qualsiasi tipo di naturalismo (andare fino in fondo alle proprie nostalgie sentimentali) in nome della corrispondenza, e giustificare anche tra noi qualsiasi stupidaggine in nome della corrispondenza. Spesso per noi corrispondenza è sinonimo di desiderio di avere. Ma attenzione a come prosegue don Giussani: «Fin qui non è esperienza, ma qualcosa che si prova. [...] "È soddisfazione reale? È risposta vera al mio bisogno? È felicità? È verità e felicità?". Queste sono le esigenze che non nascono in ciò che prova, ma nascono in lui davanti a ciò che prova, in lui impegnato in ciò che prova. Queste domande giudicano quello che prova». Questa, sì, è la corrispondenza! «Qui diventa esperienza il puro e il mero provare. [...] Diventa esperienza quando il provare è nel contempo giudicato dai criteri del cuore: se è veramente vero, se è veramente bello, se è veramente buono, se è veramente felice. In base a queste domande ultime del cuore, a questi criteri ultimi del cuore, l’uomo governa la sua vita». Altrimenti è un moccioso che segue quello che prova senza giudicarlo! Per questo la confusione del provare con la corrispondenza è quello che ci impedisce, alla fine, di riconoscere qual è la corrispondenza di Cristo. Non è soltanto che sbaglio in continuazione – che già sarebbe abbastanza –, ma che non capisco qual è la novità che Cristo introduce. Per questo pensiamo di non vedere la risposta, ma in realtà non vediamo l’enigma. Infatti «una risposta è capita solo nella misura in cui uno sente la domanda addosso a sé».
Pubblicato da Giulia alle 15:31 | 0 commenti  
Iscriviti a: Post (Atom)