venerdì 21 novembre 2008

dal frammento XII di C. Rebora

Quando si nutre il cuore
un nulla è riso pieno,
quando s'accende il cuore
un nulla è ciel sereno:
quando s'eleva il cuore
all'amoroso dono,
non più s'inventan gli uomini, ma sono.


[quando gli uomini si accorgono di essere amati non si inventano più, non fingono di essere qualcosa d'altro, non hanno vergogna di sé, ma sono davvero, fino in fondo, se stessi]

Pubblicato da Giulia alle 14:31 | 1 commenti  
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domenica 9 novembre 2008

da ieri sera

Questa sera, sotto le rocce rosse lunari, pensavo come sarebbe di una grande poesia mostrare il dio incarnato in questo luogo, con tutte le allusioni d'immagini che simile tratto consentirebbe. Subito mi sorprese la coscienza che questo dio non c'è, che io lo so, ne sono convinto, e quindi altri avrebbe potuto fare questa poesia, non io. Di qui ho pensato come dovrà essere allusivo e all-pervading ogni mio futuro argomento, allo stesso modo che dovrà essere allusiva e all-pervading la fede nel dio incarnato nelle rocce rosse, se un poeta se ne fosse servito. Perchè non posso trattare io delle rocce rosse lunari? Ma perchè esse non riflettono nulla di mio, tranne uno scarno turbamento paesistico, quale non dovrebbe mai giustificare una poesia. Se queste rocce fossero in Piemonte, saprei bene però assorbirle in un'immagine e dar loro un significato. Che viene a dire come il primo fondamento della poesia sia l'oscura coscienza del valore dei rapporti, quelli biologici magari, che vivono d'immagine nella coscienza prepoetica.

Da "Il mestiere di vivere", di C. Pavese
Pubblicato da Giulia alle 06:18 | 0 commenti  
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